Crisi da Sovraindebitamento L.n.3/2012

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INDICATORI DI POVERTÀ BASATI SULLA RICCHEZZA

ASSET-BASED MEASUREMENT OF POVERTY
(INDICATORI DI POVERTÀ BASATI SULLA RICCHEZZA)
Andrea Brandolini (Banca d’Italia), Silvia Magri (Banca d’Italia)
e Timothy M. Smeeding (Università del Wisconsin a Madison)
Tema di discussione n. 755, marzo 2010
Classificazione JEL: D13, I32 – Parole chiave: indicatori di povertà, reddito, ricchezza.
Sommario non tecnico
I lavori pubblicati nella collana Temi di discussione intendono contribuire al dibattito scientifico
nei diversi campi di interesse dei ricercatori della Banca d'Italia. Le opinioni espresse nei lavori
sono attribuibili esclusivamente agli autori e non impegnano in alcun modo la responsabilità
dell’Istituto. Nel citare i temi, non è, pertanto, corretto attribuire le argomentazioni ivi espresse
alla Banca d’Italia o ai suoi Vertici.
Lo stato di povertà è in genere identificato
con una condizione in cui il reddito corrente
non è sufficiente a raggiungere un livello minimo
di consumi giudicato socialmente necessario.
Nella valutazione statistica non viene
invece presa in considerazione la ricchezza reale
e finanziaria, se non per il flusso annuo di
reddito che essa genera. Tuttavia, le attività di
una famiglia svolgono un ruolo essenziale nel
sostenere lo standard di vita quando vi siano
oscillazioni temporanee delle entrate o sopravvengano
eventi negativi non previsti.
Il metodo attualmente seguito nella misurazione
della povertà riflette sia i limiti delle
fonti statistiche, che raramente raccolgono informazioni
sui redditi congiuntamente a quelle
sulla ricchezza, sia un ritardo nell’elaborazione
di strumenti analitici adeguati. Partendo da
queste considerazioni, il lavoro tratteggia un
semplice quadro analitico in cui la condizione
di povertà è valutata in funzione di due variabili:
i redditi da lavoro, pensione e trasferimenti
e le attività finanziarie e reali. Ciò consente
di discutere in un quadro unitario due approcci
finora proposti nella letteratura: l’indice reddito-
ricchezza (income-net worth measure) e gli
indicatori di povertà di ricchezza (assetpoverty).
L’indice reddito-ricchezza si basa sulla definizione
standard di reddito disponibile, ma vi
sostituisce il flusso di reddito generato annualmente
dalla ricchezza con una rendita annua
costante percepita fino al momento T in
cui la ricchezza, per definizione, si annulla. La
lunghezza del periodo T viene fatta coincidere
con la speranza di vita corrispondente all’età
della persona per cui si calcola l’indice. Questo
metodo consente di fondere reddito e ricchezza,
ma richiede ipotesi forti, in particolare
circa la scelta del periodo T e del tasso di rendimento.
Ha inoltre conseguenze rilevanti per
la composizione della povertà per classi di età,
poiché gli anziani hanno una speranza di vita
minore e una ricchezza, in media, più elevata.
Gli indicatori di povertà di ricchezza sono
intuitivamente più semplici. Essi individuano
le famiglie o le persone che, in assenza di altre
risorse economiche, hanno accumulato una
ricchezza insufficiente a garantire un tenore di
vita corrispondente a quello della soglia di povertà
per almeno n mesi. Operativamente, ciò
significa confrontare la ricchezza posseduta
con una frazione, generalmente compresa tra
un quarto e la metà, della soglia di povertà calcolata
per i redditi annuali. Nel caso in cui fosse
pari alla metà, si considererebbero povere le
famiglie con un patrimonio insufficiente a sostenerle
per almeno sei mesi al livello di consumo
ritenuto socialmente accettabile.
Nel lavoro si applicano queste misure ai dati
tratti dal Luxembourg Wealth Study per Canada,
Finlandia, Germania, Italia, Norvegia,
Regno Unito, Svezia e Stati Uniti nei primi
anni dello scorso decennio. L’esercizio mostra
come la considerazione della ricchezza insieme
al reddito possa determinare una diversa
valutazione dell’entità della povertà, con differenze
più accentuate per alcuni dei paesi analizzati.
Considerando l’indice reddito-ricchezza invece
del solo reddito disponibile, si colma in
parte la differenza tra gli Stati Uniti, in cui è
maggiore l’incidenza della povertà di reddito,
e i paesi europei. L’incidenza della povertà
tende a ridursi molto anche in Italia, rispetto
agli altri paesi europei considerati, per effetto
del livello elevato della ricchezza posseduta
dalle famiglie del nostro paese. La riduzione
della quota di persone classificate come povere
è in genere assai più contenuta quando si considera
la sola ricchezza finanziaria.
L’abitazione di proprietà rappresenta infatti la
componente principale del patrimonio delle
famiglie meno abbienti.
L’incidenza della povertà quando si guardi
esclusivamente alla ricchezza netta totale risulta
maggiore di circa due o tre volte rispetto
agli indicatori basati solo sul reddito. Ancora
più elevata è la quota di persone che hanno
una ricchezza finanziaria insufficiente a sostenerle,
in mancanza di altre risorse economiche,
al livello della linea di povertà per almeno tre
mesi: essa varia tra il 32 per cento in Italia e il
57 per cento in Canada. Poiché non più di un
terzo di queste persone sono povere anche in
base al reddito, queste statistiche indicano che
nei paesi considerati esiste un’ampia fascia di
persone che pur avendo redditi superiori alla
soglia di povertà sono vulnerabili al verificarsi
di eventi negativi. L’Italia è il paese in cui
questa fascia risulta più limitata: ciò potrebbe
riflettere un maggior risparmio a fini precauzionali
connesso anche con la limitatezza degli
strumenti di sostegno per le persone in difficoltà.

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