Nel ricorso contro la rivalutazione dell’immobile operata dall’Agenzia delle Entrate, il fisco perde se fonda tutta la propria tesi sulle sole quotazioni Omi (Osservatorio del Mercato Immobiliare) ai fini dell’individuazione del valore venale di commercio della casa; sono necessari anche ulteriori elementi.
È appena passata una settimana dalla circolare cui cui l’Agenzia delle Entrate ha ridisegnato le strategie nel contrasto all’evasione fiscale e, tra queste, anche le modalità per operare la rettifica sul valore degli immobili. In tale documento, l’amministrazione finanziaria predica a sé stessa di non limitare l’indagine al confronto tra il valore dichiarato nell’atto di compravendita e le quotazioni Omi, ma di “andare oltre”, effettuando accessi sul luogo ed, eventualmente, anche all’interno dell’abitazione (fermo restando il rispetto delle garanzie del contribuente).
Le quotazioni OMI
Se la stessa Agenzia delle Entrate ha diramato tali raccomandazioni ai propri uffici è perché, forse, più di un fondo di verità deve esserci nella violazione di detta regola comportamentale. E a confermarlo è, ancora una volta, l’attentissima Commissione Tributaria Provinciale di Milano in una recente sentenza [1]. I giudici tributari hanno infatti stabilito che le quotazioni dell’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia delle entrate rappresentano solo il dato iniziale ai fini dell’individuazione del valore venale in comune commercio, per cui non possono essere usate, da sole, a fondamento della pretesa del fisco, ma necessitano sempre di ulteriori elementi di prova. E ciò benché costituiscano un punto di riferimento importante perché derivanti da puntuali analisi.
Insomma, non si tratta di una completa bocciatura, ma di una presa di coscienza circa l’insufficienza di tali dati, spesso utilizzati dal fisco come “oro colato” (sempre però quando si risolvono a danno del contribuente).
Gli atti di accertamento fiscale relativi alla rettifica del valore degli immobili si basano, infatti, sempre più spesso su accertamenti “a tavolino”, effettuati dai funzionari senza mai essersi recati sul luogo, a volte tenendo conto delle fotografie reperite dal satellite di Google. Facile così rilevare scostamenti tra il valore dichiarato nell’atto di compravendita e il valore di mercato che l’ufficio ha desunto dalla banca dati delle quotazioni immobiliari; scostamenti però che non corrispondono alla situazione reale, a detta della CTP milanese.
Ci sono tanti altri valori di cui l’Agenzia deve tenere conto, valori che vanno desunti da circostanze di fatto come l’effettivo stato del singolo immobile, la crisi del mercato immobiliare, l’eventuale calo delle quotazioni del tipo di immobile oggetto dell’accertamento.
Confronto con altri immobili
Nella circolare dell’Agenzia delle Entrate, richiamata in apertura di questo articolo, viene suggerito agli uffici territoriali di riscontrare il valore dell’immobile con trasferimenti a qualsiasi titolo o su eventuali perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni alla data dell’atto, che abbiano ad oggetto l’immobile sottoposto a controllo. Il contribuente, ai fini della propria difesa, dovrà verificare se il confronto eseguito dall’ufficio sia pertinente o meno. Occorrerà così che siano forniti (o eventualmente allegati) gli atti o le informazioni riguardanti gli immobili paragonati, al fine di riscontrare la somiglianza delle caratteristiche.
Le caratteristiche dell’edificio
Il fisco deve poi verificare lo stato effettivo dell’immobile tramite un sopralluogo o con strumenti informatici (banche dati, internet, ecc.). Lo stesso atto di accertamento deve contenere le motivazioni circa le caratteristiche riscontrate e il contribuente potrà rilevare eventuali errori in tal senso. In assenza di tale controllo diretto, si potrà eccepire una carenza di prova, dato che la circolare ha previsto tale riscontro necessario «in ogni caso».
L’accesso all’immobile
L’Agenzia suggerisce di effettuare – nel rispetto della privacy del contribuente – l’accesso diretto presso l’immobile o l’azienda per i quali è necessaria la valutazione, verificando così in loco le caratteristiche dei beni. È necessaria l’autorizzazione della Procura (che però può essere rilasciata soltanto se sussistono gravi indizi di violazione delle norme tributarie). Ne consegue che nell’ipotesi in cui i verificatori accedano presso l’abitazione del contribuente in assenza dell’autorizzazione o degli indizi di evasione, gli elementi acquisiti non potranno essere utilizzati per supportare la rettifica di valore, per il principio di invalidità derivata dell’atto.