"Alla luce di ciò che sta succedendo e con l'attuale struttura, l'Eurozona corre il rischio concreto di disintegrarsi", così ha dichiarato di recente non il solito politico di turno, ma il commissario UE, Olli Rehn; parallelamente gli ha fatto eco George Soros (che purtroppo ha una lunga esperienza nel monetizzare le situazioni di crisi degli Stati) che ha dichiarato che, se si vuole invertire l'attuale tendenza, ci sono non più di 3 mesi di tempo ed è la Germania che deve intervenire al più presto.
In effetti, il livello di allarme nell'Eurozona, nell'ultimo periodo, è decisamente salito di livello come ben evidenziato dai dati di Spagna ed Italia: per quanto riguarda il primo Paese, lo spread si mantiene ormai costantemente sopra i 500 bp, con il rendimento dei titoli a 10 anni intorno al 6,50 ed i credit default swap oltre i 600 bp; va un po' meglio per l'Italia che, tuttavia, evidenzia uno spread intorno ai 450 bp, rendimenti sui 10 anni oltre il 5,70% e CDS intorno ai 570 bp. Tra l'altro, per quanto ci riguarda, rimane particolarmente grave il problema della scarsa crescita (l'Italia è uno dei pochissimi Paesi che avrà una crescita negativa anche nel 2013) che si è tradotto in una disoccupazione crescente attestatasi, secondo i recentissimi dati Istat, al 10,2%, il dato più alto dall'inizio delle serie storiche.
Tuttavia, ciò che desta davvero preoccupazione non è tanto la foto dell'attuale situazione, quanto le congetture e le previsioni negative degli investitori sull'evoluzione a breve dello scenario, come dimostrato anche dall'incremento dei rendimenti sulle scadenze corte dei titoli periferici che evidenzia la percezione, da parte dei mercati, di un pericolo anche nel breve periodo. E, da questo punto di vista, a ben vedere, c'è poco da stare tranquilli. Il rischio, infatti, è che, un eventuale responso elettorale in Grecia che sancisse l'ingovernabilità del Paese con conseguente blocco degli aiuti comunitari ed inevitabile default, produca una massiccia lievitazione dei rendimenti richiesti sugli altri titoli periferici facendo detonare il sistema bancario spagnolo ormai a livello di allarme rosso dopo il caso Bankia.
A questo punto solo l'ipotesi che la quarta economia dell'Area debba chiedere aiuto ai fondi "salva-stato", convincerebbe la speculazione sistemica a puntare somme inimmaginabili sulla disgregazione dell'Euro spingendo il costo dell'indebitamento portoghese, irlandese e soprattutto italiano fino a livelli non più sostenibili. Immediatamente dopo le ripercussioni travolgerebbero probabilmente, dopo il Belgio, anche la Francia. Non siamo ancora a questo punto benché la fuga dai depositi bancari spagnoli, i piani di "salvataggio" elaborati dai colossi multinazionali per evitare che i loro capitali possano rimanere bloccati da improvvise limitazioni al movimento dei capitali, nonché lo spostamento di ingenti risorse verso titoli di stato a rendimento negativo (tedeschi, svizzeri etc), la dica lunga sulle attese e le preoccupazioni dei mercati.
Come dice Soros, a fronte di questa rapida degenerazione della situazione non c'è molto tempo per intervenire, tuttavia non tutto è ancora perduto: è indispensabile però che già nel prossimo vertice di fine Giugno emergano con chiarezza sia la volontà di difendere strenuamente l'impalcatura dell'Euro, sia i meccanismi che si vogliono mettere in essere per rendere questa difesa concretamente attuabile e, soprattutto, credibile.