GROSSETO – Saranno costrette a pagare 150 mila euro. Così ha deciso il giudice Giulia Conte condannando quattro istituti di credito alla restituzione ad un correntista di € 150.000 (capitale + interessi) causa “anatocismo indebito” (l’anatocismo sono gli interessi sugli interessi).
Le banche in questione sono banca Antonveneta, banca Popolare dell’etruria e del Lazio, Monte dei Paschi e banca di Roma (Capitalia). La società, assistita dall’avvocato Roberto Vannetti, aveva richiesto la restituzione delle somme pagate indebitamente a vari istituti di credito dall’applicazione dell’anatocismo. Le banche aveva risposto precisando che i “rapporti di conto corrente facenti capo alla società non erano stato trasfusi nella nuova società che è poi quella che ha agito in giudizio”. In realtà la società che nasce dalla fusione, o quella incorporante “assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione”. La società in questione non si era estinta ma solo modificata in un altro soggetto giuridico.
In realtà il codice civile, come anche la Suprema Corte, ritiene che “gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti da almeno sei mesi”. Stabilendo così la nullità delle clausole anatocistiche bancarie. I clienti si sarebbero adeguati alla clausola non perché riconosciuta conforme alla norma, ma perché semplicemente compresa tra i moduli proposti dall’istituto di credito. Se la causa per chiedere la nullità della clausola è imprescrittibile, l’azione per la restituzione di quanto indebitamente pagato ha una prescrizione decennale. Il giudice ha condannato le banche anche al pagamento delle spese legali per 18 mila euro.
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