Crisi da Sovraindebitamento L.n.3/2012

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RISTRUTTURAZIONE DELLE IMPRESE

 

 

 

È sotto gli occhi di tutti la grave situazione in cui versano le imprese italiane, viste le numerose resistenze il cui epilogo spesso sono le sezioni fallimentari dei tribunali d’Italia indistintamente da nord a sud.

Spesso il default era già annunciato da tempo, addirittura in alcuni casi, anche prima dell’inizio della crisi; ovviamente sottaciuto al fine di simulare il successo dell’imprenditore. 

Oggi sembra che la conclamazione della crisi abbia sdoganato i mostri del passato e spinga sempre di più gli imprenditori a non sottacere le difficoltà in cui versano. Ma se procediamo ad una attenta analisi delle problematiche reali delle imprese scopriamo che anche l’imprenditore meno dotato parla di assenza di “cash flow”, utilizzando proprio questa terminologia. In effetti la mancanza di cash flow è un assunto polivalente poiché potrebbe derivare da tante cause e concause ma spesso diventa, a detta dell’imprenditore, il solo unico vero problema dell’impresa. 

In effetti la carenza di cash flow è solo uno degli effetti di una serie di cause, spesso non individuabili nella crisi finanziaria ma da ascrivere alla obsolescenza dei processi produttivi, dei sistemi di vendita, e in alcuni casi nella produzione di prodotti ormai superati dalla modernità e che non hanno più mercato. 

Ovviamente non si può generalizzare in un senso né nell’altro ma occorre tenere presenti una serie di concause che producono quale ultimo effetto una carenza di liquidità, una sovraesposizione nei confronti dei fornitori e delle banche e spesso dei crediti non gestiti o gestiti alla meno peggio; a ciò si aggiunga una drastica riduzione del personale, compreso quello commerciale ed un accrescimento dei debiti verso l’erario poiché il conto viene, finora, richiesto con un certo comodo ritardo. 

Non vogliamo avere la presunzione di indicare le linee guida per fare impresa, anche perché in molti casi non avremmo l’esperienza e la conoscenza del settore, ma certamente siamo in grado di analizzare le motivazioni e le cause che nel tempo hanno generato, attraverso numerosi sintomi di insolvenza, spesso volutamente sottovalutati, una situazione di grave pericolo per l’impresa esponendo spesso anche gli esponenti aziendali a rischiare il proprio patrimonio personale. 

A ciò si aggiunga la scarsa patrimonializzazione della stragrande maggioranza delle imprese, alla mancata rivalutazione dei cespiti, al deterioramento dei crediti, divenuti spesso un macigno nelle poste di bilancio. Questa fotografia della piccola e media impresa italiana può essere tradotta in una gestione alla buona, sempre in attesa di condoni o di mobilitazioni di massa per contestare questo o quel provvedimento .. 

La modernizzazione delle imprese e l’ampliamento dei confini spaziali va in ben altre direzioni. Spesso i consulenti d’impresa  non fanno consulenza ma sono alla mercè dell’imprenditore che ne farebbe di certo meno se avesse i titoli professionali per gestire la burocrazia della sua impresa. 

Come si forma il processo decisionale dell’impresa? 

Il processo decisionale dell’impresa spesso non esiste in quanto, laddove prevalga la proprietà di un solo socio oppure l’impresa è di proprietà di una sola persona fisica, le idee e le decisioni dell’imprenditore devono essere applicate e i consulenti devono adoperarsi a ricercare la strada per il loro perseguimento e a rimuovere gli eventuali ostacoli; spesso ad ogni costo .. ancor peggio quando il consulente è trattato dall’imprenditore alla stregua di un lavoratore subordinato, sempre a disposizione dell’imprenditore e deputato ad eseguire le decisioni dell’imprenditore. 

Condividerete che, in questi casi, siamo ai tempi della clava e della pietra e che questa tipologia di gestione è condannata ad un default annunciato. Le banche, che certamente sono strutturate per fare impresa, chiedono il rientro dei fidi a revoca, gestiscono oculatamente i crediti deteriorati e decidono, attraverso dei sistemi informatici non più derogabili, a chi fare del buon credito e a quale costo.

Qui si innesta il necessario e sacrosanto impiego del risparmio regolamentato dalle norme di Basilea II e Basilea III. 

È imposto alle banche, a salvaguardia dei risparmiatori che hanno dei depositi, impiegare una percentuale della liquidità disponibile erogandola ad imprese affidabili; ma l’affidabilità viene misurata attraverso dei sofisticati algoritmi che valutano non solo i dati storici dell’impresa e il cosiddetto scoring andamentale (gestione corrente) ma anche una serie di valutazioni socio economiche che hanno certamente la loro influenza nel giudizio finale; il tutto è affidato ai sistemi operativi e non più all’uomo (vecchia figura del direttore di filiale). 

Cosa impone tutto ciò? 

Una ristrutturazione specialistica dell’impresa, mettendo la stessa in condizione di poter fare impresa anche con il capitale di terzi rendendosi appetibile per i terzi che decidono di investire, di affidare quell’impresa perché credono nel successo dell’impresa stessa. 

Quante volte è lo stesso imprenditore che non crede al suo progetto d’impresa???

Conduce spesso l’impresa per inerzia, perché fonda il successo commerciale e imprenditoriale sulla longevità dell’impresa, guardando ovviamente solo al passato; ma con quali prospettive per il futuro? 

I piani d’impresa o business plan, redatti spesso da topi d’ufficio che schematicamente ne riempiono i campi su format, quanto corrispondono ai piani dell’imprenditore? Se foste una banca gli dareste credito? Tutti noi leggendo questa fotografia della realtà, fortunatamente diffusa ma non unica, volge il proprio pensiero a qualche suo cliente .. qualcuno ne accetta il modo di “non” fare impresa sol perché riesce ancora a veder remunerato il proprio lavoro; ma per quanto tempo ancora ?? 

La crisi economica e finanziaria ha investito come un fiume in piena soprattutto le imprese che si ritrovano in questa realistica fotografia e che difficilmente potranno uscirne ..  

Alcuni imprenditori, caparbi e attendisti, confidano nel superamento della crisi, nella ripresa del mercato, senza chiedersi cosa ha generato la crisi della propria impresa e di quale mercato fa parte la propria attività. Il mondo corre molto più velocemente; ne è testimonianza il comparto dell’elettronica. Quante possibilità e quanto mercato si perde se le strutture imprenditoriali non sono in grado di correre parallelamente all’innovazione di processo, di prodotto …

Orbene, non credo si tratti di una visione catastrofica né pessimistica, è giunto il momento storico di risvegliare le coscienze imprenditoriali, di fare auditing, e decidere se invertire la rotta oppure andare alla deriva. 

Noi siamo abili marinai e nella pianificazione del risanamento, nel reinserimento nel mercato, nella costituzione di un adeguato patrimonio d’impresa e nella protezione dello stesso, nella costituzione delle condizioni necessarie di accesso al sistema creditizio, nel reperimento di fonti anche alternativi al sistema bancario tradizionale,   possiamo costituire quel valore aggiunto che consentirà di affrontare le sfide imprenditoriali con maggiore serenità ma è necessario che ci venga riconosciuto il ruolo di skipper poiché il nostro habitus professionale, la nostra etica e i nostri valori professionali non ci consentono di essere esecutori delle scelte strategiche dell’imprenditore; se non altro perché, sebbene con numerose concause, hanno prodotto risultati negativi.    

Trasformazione, ricapitalizzazione, patrimonializzazione, new- co, spin – off, Lease & Back  Con l’avvento delle norme di Basilea e con l’incedere rapido del Credit Crunch molte imprese sono tagliate fuori dall’accesso al credito. 

Le motivazioni sono tante e tali per cui stilare una casistica risulterebbe senz’altro riduttivo ma desideriamo, in ogni caso, esemplificare la possibilità di un nostro intervento per irrobustire le imprese, renderle maggiormente appetibili per il sistema creditizio epurandole di tutte quelle criticità che ne impediscano la giusta e serena valutazione. 

Orbene, ai tecnici potrebbe non risultare complicato procedere ad opportune rettifiche di valore, alla rivalutazione dei cespiti, a cessioni o acquisizioni di rami d’azienda, ad operazioni di trasformazione societaria ecc.. È evidente che tutto ciò ha un costo poiché le imposte e le tasse eroderebbero quasi i vantaggi che ne deriverebbero. 

La trasformazione di una società può trovare la propria causalità in diversi obiettivi, alcuni definibili ordinari ed altri straordinari; spesso vi si ricorre per capitalizzare alcuni valori, primo fra tutti, l’avviamento commerciale; il risultato, pur lusinghiero e degno di nota, comporta spesso dei costi che certamente pesano sull’economia dell’impresa.

I vantaggi sono immediatamente percettibili: capitalizzazione dell’impresa, riduzione delle garanzie e responsabilità patrimoniali in capo agli esponenti di rilievo, migliore presentazione al sistema creditizio grazie all’irrobustimento della struttura finanziaria. È evidente che la trasformazione comporta il trasferimento dei crediti e dei debiti che spesso pesano come un macigno poiché i primi potrebbero essere di difficile esazione e i secondi potrebbero conseguentemente essersi incagliati per la scarsa liquidità corrente. In questi casi è evidente che le performances dell’impresa sarebbero comunque inficiati, anzi aggiungerebbero ulteriori esborsi per l’impresa. 

Il concetto di ricapitalizzazione e patrimonializzazione diventa sempre maggiormente degno di nota da parte degli imprenditori, che ne percepiscono l’importanza per accedere al capitale di terzi e soprattutto per presentarsi al sistema bancario con una rating maggiormente lusinghiero ed ottenere il favor creditoris nella erogazione del credito spuntando delle condizioni migliori.

 

Ma ricapitalizzazione e patrimonializzazione equivalgono spesso a incremento del capitale sociale, investimenti, acquisti, riserve ecc..

Anche in questi casi si tratta di mettere mano alle casse dell’impresa, spesso alle tasche degli imprenditori, per effettuare l’intervento. 

Tralasciando le operazioni di spin-off e di start-up conviene qui riportare un breve accenno alla possibilità di strutturarle in maniera scientifica e a costi relativamente molto più contenuti. La nostra società svolge una attività di studio, valutazione dei punti di forza e dei punti deboli di ciascuna impresa e propone una rapida ed evolutissima tecnica di rafforzamento e patimonializzazione dell’impresa, annullando gli oneri rivenienti dalle eventuali plusvalenze, procedendo ad una ricapitalizzazione e rivalutazione del valore dei cespiti aziendali e soprattutto evitando i numerosi e gravosi balzelli (tasse e imposte) necessari alla messa in opera delle attività su descritte. 

Ne deriva un risultato eccellente; l’impresa riesce a liberarsi di molte criticità, riesce a patrimonializzarsi attraverso una rivalutazione dei cespiti, a dotarsi di beni strumentali e ad aggiornare gli stessi a costi irrisori.

Il tutto si ripercuote positivamente sulla leva costituita da una presentazione eccellente al sistema bancario e creditizio.  

 

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