Crisi da Sovraindebitamento L.n.3/2012

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La crisi economica del 2008-2010, originata negli Stati Uniti, ha avuto luogo dai primi mesi del 2008 in tutto il mondo. Tra i principali fattori della crisi figurano gli alti prezzi delle materie prime, una crisi alimentare mondiale, un'elevata inflazione globale, la minaccia di una recessione in tutto il mondo, così come una crisi creditizia ed una crisi di fiducia dei mercati borsistici.
Molti autori ritengono che non si tratti di una vera crisi, poiché il termine crisi è carente di una precisa definizione tecnica, ma è vincolato ad una profonda recessione; questa, a sua volta, si definisce come quel periodo temporale durante il quale per due trimestri consecutivi si ha un arretramento economico, cioè una riduzione del PIL. Per il momento, questo fenomeno non si è ancora verificato nella maggior parte delle economie dei paesi ricchi. Secondo alcune fonti, la crisi potrebbe perdurare oltre il 2010.
PREZZI ELEVATI DELLE MATERIE PRIME
La decadenza degli anni 2000 è stata testimone dell'incremento dei prezzi delle materie prime che ha seguito una riduzione del costo delle stesse nel periodo 1980-2000, tuttavia nel 2008, l'incremento dei prezzi di queste materie prime, particolarmente il rialzo del prezzo del petrolio e di alcuni cereali è aumentato tanto che ha cominciato a causare veri danni economici, minacciando con la fame nel terzo mondo, la stagflazione ed una riduzione del fenomeno della globalizzazione, il tutto accompagnato da un'ondata generalizzata di ribassi nelle borse di tutti i continenti.
Nel gennaio 2008, il prezzo del petrolio ha superato i 100 dollari al barile per la prima volta nella sua storia, continuando a salire nei mesi successivi, fino ad arrivare ai 147 dollari a barile, per poi scendere a settembre. Anche altre materie essenziali nella catena della produzione, come l'acido solforico e la soda caustica, hanno visto un forte incremento del loro prezzo fino al 60%.
La crisi dell'aumento del costo del petrolio e di alcune altre sostanze alimentari sono state oggetto di dibattito nel 34º vertice del G8.

Crisi negli Stati Uniti
La Federal Reserve a settembre ha nazionalizzato la società di assicurazioni AIG, acquistando l'80% degli attivi e iniettando un prestito di 85 miliardi di dollari.
Gli Stati Uniti, l'economia più grande del mondo, sono entrati in una grave crisi creditizia e ipotecaria che si è sviluppata a seguito della forte bolla speculativa immobiliare e del valore del dollaro molto basso rispetto all'euro e ad altre valute.
Dopo diversi mesi di debolezza e perdita di impieghi, il fenomeno è collassato tra il 2007 e il 2008 causando il fallimento di banche ed entità finanziarie e determinando una forte riduzione dei valori borsistici e della capacità di consumo e risparmio della popolazione.
A settembre 2008, i problemi si sono aggravati con la bancarotta di diverse società legate al credito ed alla finanza immobiliare, come la banca di investimenti Lehman Brothers, le società di mutui Fannie Mae e Freddie Mac o la società di assicurazioni AIG.
Il governo nordamericano è intervenuto iniettando liquidità per centinaia di miliardi di dollari con l'obiettivo di salvare alcune di queste società. Nel frattempo gli indici borsistici delle borse americane, specchio della salute dell'economia USA, sono letteralmente colati a picco con perdite che dall'inizio dell'anno hanno superato il 40% del valore.
LA CRISI IN EUROPA
A causa delle banche, il fenomeno si è espanso velocemente in diversi paesi europei, e le borse del vecchio continente hanno accumulato molteplici perdite nel corso dell'anno. Alcuni paesi hanno sofferto gravi effetti: la Danimarca è entrata in recessione (sei mesi consecutivi di crescita economica negativa) nel primo trimestre del 2008. Nel secondo trimestre del 2008, l'insieme delle economie dell'eurozona si è contratto dello 0,2%, Ancor peggio l'Islanda, la cui fragile economia è stata messa in crisi dal fallimento quasi contemporaneo delle tre maggiori banche del paese e da una massiccia svalutazione della corona islandese.
Le banche e le istituzioni finanziarie che hanno investito sui mutui subprime, sono le società che maggiormente risentono della crisi. Nel Regno Unito si è provveduto ad una parziale nazionalizzazione degli istituti in crisi mentre la banca franco-belga Fortis, è stata salvata dal fallimento grazie all'intervento massiccio dei governi francese, belga e lussemburghese.
Il 7 ottobre 2008, il vertice Ecofin, organismo del Consiglio europeo composto dai Ministri dell'Economia e della Finanza degli stati membri, per evitare che possa diffondersi sfiducia tra i risparmiatori ha stabilito, che per un periodo iniziale di almeno un anno, vi sia una protezione garantita di ciascun deposito bancario personale di almeno 50.000 euro. In Italia tale garanzia è stata elevata a 140.000 euro.
Recessione
La recessione economica è una condizione macroeconomica caratterizzata da livelli di attività produttiva più bassi di quelli che si potrebbero ottenere usando completamente ed in maniera efficiente tutti i fattori produttivi a disposizione.
Negli Stati Uniti d'America si parla di recessione quando il Prodotto interno lordo (PIL) reale diminuisce per almeno due trimestri consecutivi.
Si ha recessione economica se la variazione del PIL rispetto all'anno precedente è negativa; se tale variazione è inferiore all'1% si parla di crisi economica. Quindi, se il PIL dell'anno precedente è uguale a 100 e quello dell'anno successivo è 99, si ha la recessione. Se invece è di 99,5 si parla di crisi economica.
Ad esempio, il valore del PIL in Germania nel 2002 è stato di -0,1% (crisi economica), mentre nel 2003 è stato di -2% (recessione economica).
Sintomi delle fasi di recessione possono essere la diminuzione del tasso di crescita della produzione, l'aumento della disoccupazione, la diminuzione del tasso di interesse in seguito alla riduzione della domanda di credito da parte delle imprese, il rallentamento del tasso di inflazione causato dalla diminuzione della domanda di beni e servizi da parte dei consumatori. In alcuni casi, la recessione può essere associata con l'aumento dei prezzi (inflazione) e tale fenomeno è anche conosciuto come stagflazione.






LA SITUAZIONE


Il debito governativo in Grecia è solamente la prima di una serie di bombe del debito europeo pronte ad esplodere.

I mutui immobiliari nelle economie post-sovietiche e in Islanda sono ancor più esplosivi. Anche se questi paesi non si trovano nell’Eurozona, la maggior parte dei loro debiti è espressa in euro. All’incirca l’87% dei debiti della Lettonia è in euro o in altre valute straniere, e il paese è indebitato principalmente con banche svedesi, mentre Ungheria e Romania sono indebitate in euro soprattutto con banche austriache.

Quindi i prestiti contratti dai membri non appartenenti all’euro sono serviti a sostenere i tassi di cambio per pagare questi debiti del settore privato alle banche straniere, non a finanziare i disavanzi di bilancio interni come in Grecia.

Tutti questi debiti sono insostenibilmente elevati perché la maggior parte di questi paesi sta avendo dei profondi disavanzi di bilancio e sta sprofondando nella depressione. Ora che i prezzi reali dell’immobiliare stanno diminuendo, i disavanzi commerciali non sono più finanziati da un flusso interno di prestiti sui mutui immobiliari e da acquisizioni immobiliari in valuta straniera. Non c’è alcun modo tangibile per stabilizzare le valute (ad esempio, economie in buona salute). Nell’ultimo anno questi paesi hanno sostenuto i loro tassi di cambio prendendo a prestito dall’Unione Europea e dal Fondo Monetario Internazionale. I termini di questi prestiti sono politicamente insostenibili: forti tagli ai bilanci del settore pubblico, aliquote fiscali più alte per i lavoratori già tassati in modo eccessivo e piani di austerità che mandano a picco le economie e obbligano altri lavoratori ad emigrare.

La scelta che l’Europa andrà a fare probabilmente porterà milioni di persone nelle strade. Muteranno le alleanze politiche ed economiche, si sbricioleranno le valute, cadranno i governi. L’Unione Europea e, sicuramente, anche il sistema finanziario internazionale cambieranno in strutture che ancora non abbiamo visto, specialmente se le nazioni adotteranno il modello dell’Argentina e si rifiuteranno di pagare se non verranno elargiti sconti generosi.

Il 2010 sarà l’anno cruciale per capire se l'Eurozona riuscirà a mettersi definitivamente alle spalle la crisi dei debiti sovrani sarà il 2011. Il prossimo anno infatti gli stati che vi aderiscono (all’Eurozona) dovranno rimborsare oltre 870 miliardi di dollari in Titoli di Stato.

Questa è la cifra che emerge sommando il totale dei debiti sovrani in scadenza nel 2011. Osservando la tabella in allegato. Il verdetto è: nei prossimi due anni banche e governi dovranno sborsare cifre considerevoli al mercato per pagare il conto alla peggiore crisi dal secondo dopoguerra.
Francia, Germania e Gran Bretagna vanno avanti da sole e annunceranno in un comunicato congiunto di voler introdurre una tassa sulle banche per coprire i costi di future possibili crisi finanziarie. Ma i debiti futuri possono essere estinti dai fondi raccolti con questa tassa? O più verosimilmente sono destinati a pagare il debito sovrano?

DISOCCUPAZIONE

Alcune riflessioni bisogna effettuarle in particolare su come viene calcolato il tasso di disoccupazione , non andrebbe calcolato il tasso di disoccupazione, ma il numero dei posti vacanti, per poi estrapolare questi dati dal tasso di disoccupazione ISTAT.
Perché questa complicazione?. Fra i disoccupati vengono inseriti anche i ragazzi che abbandonano la scuola, ma il ragazzo ieri, non era un lavoratore (perché impegnato a studiare) non si trova nello stato di “non occupato”, forse più semplicemente cerca cosa fare nella vita. Il numero di questi falsi disoccupati, falsano il dato statistico. E l’elenco potrebbe continuare.


Individuato il numero dei posti vacanti permette di verificare quale è il numero reale di chi non trova lavoro, in quanto il numero dei posti vacanti è l’indice degli eventuali posti di lavoro che si potrebbero occupare.

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