Crisi da Sovraindebitamento L.n.3/2012

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PERICOLO RIALZO TASSI BCE
Il dibattito corrente sulla politica monetaria in Europa è incentrato sull'opportunità di alzare i tassi per rispondere alle spinte inflattive provenienti dai prodotti energetici e alimentari. Il dilemma, anche alla luce dei dati europei di ieri, è capire se si tratta di uno shock permanente, che richiede quindi un rialzo dei tassi, o di uno temporaneo. La Bce non è nuova a errori di valutazione in questa materia.
Già nel 2008 alzò i tassi per rispondere alla crescita dei prezzi delle materie prime, confondendo uno shock temporaneo con uno permanente. Errore che portò l'euro sopra 1,60 mettendo in difficoltà l'export e accelerando la discesa verso la recessione. 
Oggi ci sono varie argomentazioni per chiudere questo dibattito. Come molti sostengono, l'inflazione da guardare non è quella complessiva bensì quella core, depurata dalle componenti più variabili come, appunto, i prezzi dei prodotti energetici e alimentari.
Questa inflazione core è ancora sotto controllo.Si obietta, però, che si dovrebbe comunque agire per prevenire l'eventuale trasmissione dell'inflazione da materie prime a quella core. Tuttavia, argomentazioni di questo tipo non possono prescindere da considerazioni sullo stato della congiuntura economica. Se l'economia fosse in piena espansione e occupazione, sarebbe il caso di prendersene cura. Ma in una Europa che stenta a crescere, e con tanta disoccupazione, ci sono già numerosi calmieri in atto. Il rialzo dei prezzi del petrolio da solo avrà effetti recessivi su consumi e investimenti. Perché mai peggiorare la situazione alzando i tassi e apprezzando l'euro?

In realtà, questo dibattito non centra il cuore del problema: oggi la Bce è in una trappola della liquidità. Non quella classica, in cui i tassi d'interesse sono prossimi alla zero e non possono essere ulteriormente abbassati. In una trappola diversa, o meglio inversa, dove anche se è possibile alzare i tassi non è proprio opportuno farlo.
Ma cosa c'entra la liquidità? Non è tanto l'eccesso di liquidità a creare problemi, quanto l'utilizzo improduttivo della liquidità.
Alludiamo proprio agli investimenti in titoli di Stato in pancia al sistema bancario europeo.Il grado di produttività degli impieghi di liquidità è proprio critico per la stabilità finanziaria di un sistema economico. La remunerazione degli investimenti, siano di una banca o di una famiglia, dovrebbe superare il costo delle passività utilizzate per finanziarli. In generale, le passività sono legate ai tassi d'interesse e quando i tassi salgono in risposta alla crescita economica, il costo delle passività aumenta. Se gli investimenti sono produttivi, anche il loro rendimento cresce con l'economia. I problemi sorgono, invece, quando la liquidità è utilizzata in modo improduttivo dal momento che rendimenti e costi vanno in direzioni opposte. Per coprire queste perdite bisogna aggiungere nuovo capitale, raccogliere altra liquidità o, nell'impossibilità, dichiarare bancarotta. Quando l'inversione di marcia colpisce simultaneamente i bilanci di tanti agenti economici allora si può cadere in una crisi finanziaria sistemica. Inversioni di questo tipo, come abbiamo sperimentato, non sono rare, ma avvengono di solito dopo periodi di forte crescita quando i tassi d'interesse sono relativamente alti.

Il problema dell'Europa è che la trappola della liquidità "all'incontrario" la colpisce nell'uscita dalla recessione e a tassi d'interesse molto bassi. Non è colpa della Bce: la liquidità era necessaria. Gli impieghi sono stati sbagliati. Molte banche e intermediari hanno acquistato titoli di Stato per guadagnare sugli spreads rispetto a una liquidità a costo zero. La crisi dei debiti sovrani ha cambiato le carte in tavola. Buona parte di questi titoli ha perso valore e sconta la possibilità di un default.

A conti fatti ci saranno delle perdite significative per il settore bancario europeo, che ora sono mascherate e non ancora contabilizzate. Un rialzo dei tassi d'interesse non solo accrescerebbe queste perdite, dal momento che il corso dei titoli scenderebbe come naturale, ma aggraverebbe ulteriormente i problemi di sostenibilità dei deficit e debiti pubblici, con effetti moltiplicativi sui premi per il rischio, sul valore di realizzo degli stessi titoli di Stato e sulle future perdite per il settore bancario.
In una trappola del genere, se si vuole chiedere alla Bce di occuparsi dell'inflazione, l'Europa dovrebbe prima chiudere il conto dei debiti pubblici e subito.

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