«Basilea 3 leggera per le Pmi»
19 maggio 2011
ROMA.
«Giudico molto positivamente il fatto che per la prima volta tanto le associazioni che rappresentano le imprese italiane quanto quella che rappresenta le banche abbiano definito una posizione comune sul modo di affrontare la nuova normativa in gestazione relativa all'accordo Basilea tre e che ci abbiano sottoposto delle proposte atte a non penalizzare le piccole e medie imprese, che mi sembrano molto ragionevoli». La valutazione appartiene al vicepresidente della Commissione europea, responsabile per l'industria, Antonio Tajani, che martedì pomeriggio ha incontrato i vertici operativi dell'Abi, della Confindustria, di Rete imprese Italia, di Alleanza delle cooperative italiane.
Oggetto del confronto con il commissario Ue, il quale, pur senza esprimere valutazioni di merito(che spettano al commissario per il mercato interno Barnier), ha dato prova di essere attento ai problemi dell'accesso al credito dellePmi, era una preoccupazione comune ad aziende e banche: il timore che eventuali effetti di un'applicazione normativa non sufficientemente calibrata del nuovo accordo interbancario sui ratios patrimoniali possa ridurre la disponibilità del credito per le imprese. Un problema per un apparato produttivo come quello italiano, che fa leva in modo sostanziale sul canale bancario e proprio in un momento in cui la ripresa è ancora fragile.
È vero, hanno osservato imprenditori e banchieri, che, anche quando sarà approvata la direttiva europea di recepimento (che dovrebbe essere presentata dalla commissione Ue entro il mese di luglio), la completa entrata a regime dell'accordo sarà il 2019. Ma è vero anche, che oggi i mercati sono ultraprudenti e stanno già dando per realizzato un accordo, come quello di Basilea tre, che a regime porta il requisito minimo patrimoniale complessivo delle banche, in modo indifferenziato per tutti i portafogli, dall'8% al 10,5 per cento. Imprese e banche hanno ragionato su come fare per intervenire e, pur senza mettere in discussione il nuovo impianto di regole, evitare l'aggravio patrimoniale che deriverebbe anche ai prestiti alle piccole e medie imprese. Soggetti, e relativi portafogli crediti, il cui trattamento di vigilanza non è mai stato criticato durante tutta la discussione post - crisi finanziaria. Anche perchè, è il ragionamento, l'origine della crisi finanziaria internazionale è stata esterna al modello di banca commerciale tradizionale, tipico dell'Europa.
Nasce di qui la proposta congiunta presentata martedì alla Commissione Ue dalle varie associazioni imprenditoriali italiane e dell'industria bancaria: prevedere nel dettato della nuova normativa europea che trasporrà l'accordo di Basilea tre nella cosiddetta direttiva CRD4, un fattore di correzione, un "balancing factor" da applicare nel calcolo complessivo degli attivi ponderati per il rischio verso le piccole e medie imprese, che sia in grado di riequilibrare quell'incremento quantitativo dei requisiti patrimoniali (previsto in origine per tutti i portafogli), a regime pari a circa il 30 per cento in più. Di fatto, applicando il nuovo coefficiente di moltiplicazione (che secondo le prime simulazioni tecniche dovrebbe essere pari al 76,19% nella formula per il calcolo dei cosiddetti risk weighted assets) la banca non sarebbe più costretta ad aumentare di quasi il 30 per cento rispetto a quanto fa oggi l'assorbimento di capitale necessario a fronte di un credito a una piccola e media impresa (secondo la definizione adottata si tratterebbe di società il cui fatturato è inferiore ai 50 milioni di euro). Come conseguenza, sarebbe azzerato di rischio di una riduzione del credito disponibile per la pmi in questione. Se questo emendamento all'accordo raggiunto a Basilea fosse inserito nella direttiva Ue attualmente allo studio, il meccanismo potrebbe operare già a partire dal 2013, sterilizzando quindi quell'effetto di "anticipo" dell'operatività di Basilea tre che i mercati già stanno mettendo in atto.