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S&P taglia rating di 7 banche dopo downgrade Italia
Da A+ a A per Mediobanca, Findomestic, Intesa Sanpaolo e controllate, anche rating per Bnl
Roma, 21 set. (TMNews) - Standard and Poor's taglia il rating di 7 banche italiane dopo il downgrade sull'Italia. In particolare l'agenzia di rating ha portato la valutazione sul lungo termine da 'A+' ad 'A' per Mediobanca, Findomestic Banca, Intesa Sanpaolo e le controllate Banca Imi, Biis e Cassa di risparmio di Bologna. L'outlook resta negativo.
Tagliato anche il rating sul lungo e breve termine per Bnl con outlook negativo.
Apertura in profondo rosso per Piazza Affari. Vola lo spread
Milano perde oltre il 3%, mentre il differenziale tra Btp e Bund tedeschi è oltre i 410 punti
Roma, 22 set. (TMNews) - Apertura in pesante ribasso per Piazza Affari che a inizio seduta ha registrato un calo per l'indice Ftse Mib del 3,02%. L'indice Ftse All Share si attesta invece a -2,71%. Sotto i riflettori i titoli degli istituti di credito dopo che ieri Standard and Poor's ha declassato il rating di 7 istituti tra cui Intesa Sanpaolo e rivisto in negativo l'outlook di altre 8 banche italiane. Le Borse europee sono viste tutte in calo dopo l'allarme di ieri della Fed sui pesanti rischi al ribasso per l'economia.
Si allarga, intanto, di nuovo il differenziale tra titoli di Stato decennali italiani e tedeschi, e vola oltre i 410 punti. Secondo Tradeweb Market Data, lo spread tra btp e bund scadenza 10 anni, arriva a segnare 412 punti base, con rendimenti che si attestano a 5,84 per cento per i titoli italiani e all'1,72% per i bund.
Crisi/ Mussari:Da taglio rating banche nessuna grave conseguenza
"Avevano valutazione alta. Era nelle cose possibili"
Roma, 22 set. (TMNews) - La riduzione del rating da parte di Standard and Poor's per sette banche italiane "non determina gravi conseguenze", perchè avevano un giudizio abbastanza alto. Così il presidente dell'Abi, Giuseppe Mussari al Gr1, commenta la decisione di ieri dell'agenzia di rating.
"Consideriamo - ha detto Mussari - che sono sette banche che avevavo un rating abbastanza alto per cui la riduzione non determina gravi conseguenze. Per tutte le altre è l'outlook che da neutrale o positivo passa a neutrale o negativo. Poi bisognerà chiaramente leggere con attenzione il rapporto però era nelle cose possibili".
"Io credo che abbiamo iniziato un percorso come parti sociali, in particolare insieme a Confindustria, Alleanza delle cooperative e Rete Imprese Italia che ha cominciato a individuare una serie di punti indispensabili. In Italia dobbiamo velocizzare tutto quello che riguarda le infrastrutture perchè sono investimenti che portano crescita, non possiamo più tentennare sulle liberalizzazioni".
Per Mussari inoltre bisogna operare perchè il patrimonio pubblico "sia reso più fruttuoso e utile alla riduzione del debito. Da ultimo dobbiamo ragionare di pensioni e di ingresso e uscita dal lavoro, dobbiamo dare il segno ai mercati che abbiamo capito qual è la gravità della contingenza e siamo in grado di affrontarla".
Pil/Tesoro taglia stime:0,7% in 2011, 0,6% in 2012, 1,2% in 2013
Domani in Cdm nuovo quadro con le stime macroeconomiche
Roma, 21 set. (TMNews) - Il Tesoro rivede al ribasso le stime della crescita italiana per il prossimo triennio. Il Pil crescerà quest'anno dello 0,7%, dello 0,6% l'anno prossimo e dell'1,2% nel 2013. Sono le nuove stime macroeconomiche sulla crescita dell'economia italiana contenute nella nota di aggiornamento al Def che sarà approvata domani dal Consiglio dei ministri e che taglia le precedenti previsioni dello scorso aprile. Le vecchie stime vedevano una crescita del Pil quest'anno dell'1,1%, dell'1,3% l'anno prossimo e dell'1,5% nel 2013.
Fiat/ Moody's taglia rating a Ba2, outlook negativo
Attesa per maggiore interconnessione con Chrysler
Roma, 21 set. (TMNews) - Moody's ha tagliato il rating di Fiat a Ba2 da Ba1. L'outlook è negativo.
"La decisione - ha spiegato Falk Frey, senior vice president e lead analyst per Fiat di Moody's - riflette le attese di Moody's che le credibilità creditizie di Fiat e Chrysler si allineeranno quando la strategia e le operazioni dei due gruppi diventano gradualmente piu' interconnesse".
Il debito coinvolto è di circa 8,3 miliardi di euro.
Obama: Grecia caso urgente, attenzione a Spagna e Italia
Il presidente: problema grave se mercati dovessero puntare ancora questi Paesi. Misure per rallentare la crisi, non per fermarla
Washington, 13 set. (TMNews) - "La Grecia è evidentemente il problema più urgente" in Europa. "Si stanno adottando misure per rallentare la crisi, non per fermarla": è quanto ha detto il presidente degli Stati Uniti Barack Obama in un'intervista con alcuni giornalisti. A preoccupare l'inquilino della Casa Bianca sono anche Spagna e Italia: "Un problema più grave è cosa accadrebbe in Spagna e in Italia se i mercati dovessero continuare a prendersela con questi due grandi Paesi", ha affermato Obama.
Diario della crisi, attacchi della finanza e leader inadeguati
La politica non sembra impegnata ad elaborare strategie di maggiore giustizia globale
La tempesta della speculazione ha svegliato governi e media su una deriva verso la quale la politica e l'economia dell'Occidente da tempo si dirigono. Dietro quella che ci viene presentata soprattutto come una crisi finanziaria, in realtà c'è una gestione incapace della società al suo interno e nei confronti di altre civiltà. Nonostante gli appelli all'equità è da anni che la forbice fra ricchi e poveri continua ad aumentare. La politica non sembra impegnata ad elaborare strategie di maggiore giustizia globale. L'economia appare sempre più invasa e dominata dai conflitti d'interesse diventati l'essenza del capitalismo. Mentre l'indifferenza è il "sentiment" di fondo verso ciò che avviene negli altri Continenti. Sia verso quei Paesi, come la Cina, che vivono una stagione di grande sviluppo, sia verso altri Paesi, come quelli africani, che brancolano fra stragi e le carestie.
Se ci riconosciamo in questo scenario non ci deve stupire che poi i soldi, che per molti di noi sono diventati l'unica anima, siano sempre meno difendibili dai governi. Oggi sembriamo noi italiani i più esposti alla speculazione, ma domani anche i Paesi più forti non saranno in grado di far fronte a una speculazione sovranazionale e senza limiti. Certo ogni Paese democratico, per tipo di governo o per potenzialità della sua gente e delle sue imprese, reagisce diversamente alle periodiche offensive dei mercati finanziari. Ma è ormai evidente che dovunque sono improcrastinabili tagli delle spese degli Stati e una maggiore unità di azione politica ed economica fra gli Stati europei, che ormai da oltre dieci anni hanno una moneta unica. Mentre sono necessarie maggiori sinergie fra Europa e Stati Uniti che si rimbalzano i problemi dalle rispettive sponde dell'Atlantico.
Ora siamo costretti a sperare che la Banca Centrale Europea compri i nostri titoli di Stato per arginare eventuale pressioni di vendite speculative. Altrettanto sperano altri Paesi europei, dal più debole fino al più forte, ma è una speranza destinata anch'essa ad esaurirsi. Se i provvedimenti che adottano i governi non dimostreranno rinnovato coraggio e fantasia per dare più unità e incisività alle loro azioni e far cambiare passo alle economie, crescerà l'alea dell'incertezza, la speculazione riceverà sempre più carburante e la gente si sentirà abbandonata.
Forse i politici avrebbero il consenso a cui puntano e che però li frena nell'adottare manovre impopolari, se sapessero non solo chiedere sacrifici, ma anche prospettare un futuro più realistico che non è certamente quello coi livelli di crescita del passato. Indicare per l'Occidente linee di sviluppo diverse, sostanzialmente dare ad individui ed imprese elementi per imparare a vivere con una crisi che ha perso i caratteri della congiuntura ed è diventata una condizione stabile, è la sfida a cui è chiamata la nostra classe dirigente. E certamente non si tratta di adottare misure più o meno eque o una tantum, ma occorre procedere a profonde e credibili ristrutturazioni in grado di rovesciare la società come un calzino, e compatibili con un futuro ormai ben diverso da quello che potevano intravvedere all'inizio del secolo scorso.
Ora la speculazione scommette, e ha gioco facile, sulla incapacità dei governi di svoltare. Più che sottolineare l'inadeguatezza delle leadership gli economisti dovrebbero cominciare a chiedersi il perché di questo deficit delle democrazie. E'certamente un problema che prescinde dalla caduta del carisma personale dei leader. Devono piuttosto essere messe in discussione la preparazione e le capacità gestionali necessarie a governare oggi. Capacità che chi svolge a lungo solo compiti di mediazione e di rappresentanza non può certo avere. E tantomeno non possono cogliere le aspettative e rispondere alle domande di una società, che nuova lo è da tempo, vecchi esponenti di una politica dai connotati ottocenteschi che ricorre ancora alle citazioni di Cavour.
Fed, via all'operazione Twist: acquisterà bond a lungo termine per 400 miliardi di dollari
NEW YORK – Ignorando forti pressioni della leadership repubblicana, la Federal Reserve ha annunciato, a partire da oggi l'operazione "Twist", un trasferimento dal breve a lungo termine delle scadenze in portafoglio titoli del Tesoro della Banca Centrale senza aggiungere liquidità o aumentare la dimensione del portafoglio. Nel comunicato rilasciato dopo la due giorni di Comitato Monetario (FOMC), la Banca Centrale americana specifica che da qui a giugno venderà un ammontare pari a 400 miliardi di dollari di titoli del Tesoro con scadenza a breve per acquistare un ammontare analogo di titoli con scadenze fra i sei e i trent'anni.
La tecnica in gergo è chiamata "twist", da "twisting of funds", "spostamento di fondi" non prevede aumenti della liquidità, ma induce una riduzione dei tassi a lunga, importanti per finanziare gli investimenti, per mobilitare il credito a vantaggio delle piccole medie imprese e per agevolare la sottoscrizione di emissioni obbligazionarie private.
La Fed ha anche annunciato che reinvestirà le scadenze delle sue partecipazioni in portafogli garantiti da mutui immobiliari in altri strumenti immobiliari invece che in buoni del Tesoro, per garantire che i tassi sui mutui immobiliari restino su livelli bassi.
Il messaggio è però anche quello di un approccio graduale, con la possibilità di mobilitare altre risorse se necessario. La Fed infatti è realista. Ha ricordato che la sua missione "è di contribuire alla massima occupazione e di mantenere l'inflazione sotto controllo". E ha riconosciuto non solo che l'economia è in difficoltà, ma che le cose potrebbero addirittura peggiorare: "La debolezza dell'economia... i rischi possibili di peggioramenti congiunturali a causa delle fragilità sul fronte finanziario internazionale... un'inflazione che appare sotto controllo per la diminuzione in prospettiva anche dei prezzi delle materie prime..." sono stati gli elementi di fondo che, in chiave dinamica, hanno giustificato le scelte. Per questo la Fed ha preferito riservare alcune cartucce per il futuro, se ce ne sarà bisogno. E c'e' da scommettere che in questo contesto congiunturale il momento per usarle, da qui ai prossimi sei mesi verrà.
L'annuncio di ieri ha avuto subito un impatto sui rendimenti dei tassi a lunga con diminuzioni dei rendimenti sui titoli decennali a un nuovo minimo a quota 1,87% rispetto all'1,94% registrato prima dell'annuncio mentre il trentennale e' sceso dal 3,20% al 3,01%. La borsa ha invece peggiorato le perdite di giornata fino a una calo di oltre il 2% per l'indice Dow Jones.
Forse ci si aspettava qualcosa di più e cioè l'introduzione della misura per mobilitare le risorse finanziarie a vantaggio del settore privato e in particolare delle piccole medie imprese con l'eliminazione del tasso "overnight" pagato alle banche sugli eccessi di riserve in deposito presso la Banca Centrale. Oggi ammontano a circa 1.500 miliardi di dollari, una cifra enorme se si considera che in periodi più normali gli eccessi di liquidità in deposito presso la Fed ammontano attorno ai 30-40 miliardi di dollari. E' questa, la più morbida, una di due altre possibili misure di intervento che la Fed si riserva di utilizzare nel caso le condizioni dell'economia lo richiedessero.
La seconda, più aggressiva, sarà un nuovo accomodamento quantitativo, il QE3 di cui tanto si è parlato. Con la decisione della Fed c'e' stata anche una risposta netta alla leadership repubblicana del Congresso: l'autonomia e l'indipendenza della banca centrale americana non si toccano. La leadership repubblicana - Mitch McConnel il leader al Senato, John Boehner il Presidente della Camera, Jon Kyl, il capogruppo al Senato e Eric Cantor, il capo della maggioranza repubblicana alla Camera – aveva infatti scritto ieri una lettera al Presidente della Fed Ben Bernanke per chiedergli di non far nulla, di smetterla di intervenire per il bene del Paese. "Temiamo che ulteriori azioni da parte della Fed possano peggiore l'attuale crisi economica e danneggiare l'economia americana" hanno scritto i quattro, e hanno aggiunto: "Si rischia di indebolire ulteriormente il dollaro". Una presa di posizione questa, molto inconsueta, aggressiva e di pessimo gusto, che riflette la tensione politica nella Capitale. Per il resto ordinaria amministrazione, i tassi sui Fed Funds resteranno sui livelli attuali e si terrà un occhio sul pericolo di rimbalzi inflazionistici.
Imprese preoccupate: riforme ora
ROMA - Allarmati per la situazione economica italiana e internazionale. Preoccupati sulla reale possibilità che il Governo riesca a mettere a punto un piano efficace di riforme, per voltare pagina. E cioè recuperare credibilità sui mercati e far sì che lo spread tra Btp e Bund tedeschi ritorni a livelli più bassi, risanare in modo strutturale i conti pubblici, puntare alla crescita.
Di tutti questi argomenti ha discusso il direttivo di Confindustria di ieri, facendo anche una prima analisi dell'andamento del confronto tra Governo e imprese sul piano per la crescita. Con una piena condivisione della linea della presidente, Emma Marcegaglia, che da settimane continua il pressing sull'Esecutivo perché agisca immediatamente. E intende continuare a farlo, interpretando la spinta che viene dal territorio.
Non servono interventi spot ma operazioni incisive, dalle pensioni, al fisco, liberalizzazioni, privatizzazioni e dismissioni del patrimonio pubblico. Richiamando il Governo alle proprie responsabilità. «Senza le riforme nei prossimi giorni, vada a casa», ha detto all'inaugurazione del Cersaie, sottolineando comunque che dovrà essere il Parlamento a decidere.
Nota positiva, la firma definitiva dell'accordo del 28 giugno tra le parti sociali su rappresentatività, validità erga omnes degli accordi aziendali firmati a maggioranza, la possibilità di intese modificative rispetto ai contratti nazionali. Dopo le tensioni emerse con il varo dell'articolo 8 della manovra si è temuto che la firma definitiva potesse saltare. Invece si è andati avanti e la discussione del direttivo ha sottolineato l'importanza dell'intesa per creare occupazione e aumentare la competitività e produttività delle aziende.
Ma accanto a ciò gli imprenditori si sono trovati sul tavolo il declassamento deciso da Standard & Poor's, le previsioni di crescita al ribasso fatta non solo dal Centro studi di Confindustria ma anche da altri istituti internazionali, come l'Fmi.
Comprensibile quindi la grande preoccupazione emersa nel dibattito, in un direttivo molto partecipato, in cui hanno parlato Luigi Abete e Giorgio Fossa, due past president; presidenti territoriali come Gianfranco Carbonato, Ivan Lo Bello, Francesco Gaetano Caltagirone, Michele Tronconi e Paolo Buzzetti. «Abbiamo discusso della situazione e siamo abbastanza pessimisti», ha detto il presidente di Alitalia, Roberto Colaninno.
Oggi gli stessi temi saranno discussi dalla giunta di Confindustria ed emergerà di nuovo dal parlamentino degli imprenditori (un organo più ampio del direttivo) la stessa urgente necessità di riforme. Pensioni e fisco: bisogna mettere mano alle anzianità, visto che la nostra spesa pensionistica è ancora più elevata rispetto alla media europea e alla Germania, e poi riforma fiscale che abbassi le tasse su imprese e lavoratori, con la disponibilità a discutere anche di una eventuale patrimoniale. E poi è urgente il rilancio delle infrastrutture, oltre che le liberalizzazioni e privatizzazioni.
Ad insistere sulle riforme ieri è stato anche il consigliere delegato di Intesa San Paolo, Corrado Passera: «Sono d'accordo con la Marcegaglia, le riforme sono urgenti, il governo per essere legittimato deve essere in grado di farle». (N. P.)
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