Crisi da Sovraindebitamento L.n.3/2012

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Petrolio a prezzi record

 
Conto salato per l'Italia

Con il barile di greggio a 100 dollari la bolletta passa da 27 a 34 miliardi. Ma il Brent ha già superato quota 118. Oro e argento mai così costosi.


La crisi libica incendia il petrolio. Che vola a prezzi non ancora da brivido, nel 2009 il barile sfiorò i 150 dollari, ma che cominciano a mandare in fibrillazione il sistema economico internazionale. Ieri il greggio americano ha superato i 106 dollari, mentre il Brent, il parametro di riferimento europeo, ha oltrepassato i 118 dollari. Il mondo industrializzato comincia a subdorare il ritorno della peggior malattia per le economie: la stagflazione. E cioè la combinazione di bassa crescita e alta inflazione.

Per ora ci sono solo i segnali del contagio. Ma il mondo teme l'epidemia. Il blocco dell'export libico non è ancora totale, la parte di prodotto che manca è facilmente sostituibile con la sovrapproduzione di altri paesi produttori. L'Opec, il cartello che riunisce i principali paesi che lo estraggono, non ha ancora ritenuto necessario convocare un vertice straordinario. Dunque nessun allarmismo. Anche se i dati delle scorte mondiali fanno tremare. Se ci fosse un blocco totale della produzione, spiega la Cia in una sua stima, il mondo potrebbe, al ritmo attuale di consumo, resistere meno di tre mesi. Razionando forse si potrebbe allungare la vita del sistema di qualche altro mese. Poi l'uomo moderno dovrebbe cominciare la sua regressione al mondo pre-industriale. Scenari da fantapolitica. Irrealizzabili. Ma la crisi politica che agita l'Arabia Saudita, che conserva sotto il suo suolo la maggior parte delle riserve del mondo, qualche pensiero in più agli analisti lo danno.

L'Italia in particolare è una delle nazioni più greggio-dipendenti. E la volatilità dei prezzi colpisce senza pietà il portafoglio degli italiani. Il costo della bolletta petrolifera può diventare un terno al lotto. I dati sono ansiogeni, da far venire i brividi nelle ipotesi peggiori. Secondo l'Unione Petrolifera nel caso di un consumo di prodotti petroliferi analogo a quello del 2011 (sui 72 Milioni di tonnellate), con un intervallo di prezzi medio nell'anno di 100 dollari a barile e un cambio euro/dollaro vicino all'attuale (1,40), la fattura potrebbe toccare i 34,75 miliardi di euro contro i 27 del 2010. Una quota di ricchezza pari al 2,2% del Pil partirebbe senza ritorno verso i paesi produttori di oro nero. Si tratta di una stima certo. Ma è altrettanto vero che il prezzo di 100 dollari è stato ampiamente superato ormai da giorni. Questo significa che il conto finale potrebbe essere ancora più salato. A svuotare il portafoglio degli italiani non sarà solo la benzina ma anche tutti i beni di consumo. I listini sono sotto pressione da tempo. L'aumento del costo dei carburanti si trasmette, essendo voce nella formazione del costo complessivo, ai prodotti della spesa. Così l'inflazione ha già rialzato la testa.

A febbraio il carovita è salito al 2,4% un valore non toccato da anni. Con la stessa quantità di denaro, insomma, la borsa è meno piena. Non solo. Il greggio che corre mette in moto anche le altre materie prime. I forti acquisti sul bene rifugio per eccellenza, l'oro, hanno alzato l'asticella del suo prezzo al nuovo record di 1.445,70 dollari a New York e di 1.444,95 dollari a Londra. In corsa anche l'argento, salito ai massimi da 31 anni (36,5375 dollari all'oncia). E così i minerali usati nell'industria come il rame e la materie agricole di base come il cotone ieri al prezzo più alto della storia: 2,197 dollari a libbra. La Libia, insomma, può essere il detonatore di un momento di incertezza che domina sui mercati e nelle economie mondiali.

La medicina per il momento rischia di essere amara ancora una volta per i consumatori. L'unica ricetta per contrastare il caro prezzi che gli stati hanno è la leva monetaria: i tassi di interesse. La Bce sta per spingere il pulsante di un nuovo aumento del costo del denaro. Il mercato ha scontato entro fine anno un tasso di riferimento che, dall'attuale 1% arriveraà all'1,75%. Una mannaia per chi ha in corso mutui variabili con rate che si appesantiranno nel corso dei prossimi mesi. L'Euribor a 3 mesi, il tasso che viene preso come riferimento dalle banche per indicizzare i mutui, è salito ieri all'1,172% dall'1,162%. L'Euribor a un mese è salito dallo 0,897% allo 0,904%. Rate più care anche per chi accende ora i mutui. E dunque rinvio degli acquisti e depressione dei consumi. Gli italiani sperano con la mano sul portafoglio che in Libia torni presto la pace.

 

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